Simona Dolce presenta il libro: "Il vero nome di Rosamund Fischer" - Mondadori

Simona Dolce, grazie a un'accurata documentazione storica, ci racconta una figura femminile inedita e controversa, intrappolata nelle menzogne e incapace di ricucire i propri ricordi con la memoria della più grande tragedia del Novecento. La sua scrittura nitida e acuminata scandaglia le ambiguità di una famiglia illusoriamente perfetta, ci interroga sulle infinite maschere che il male può indossare nel quotidiano e su come la dedizione verso un mondo ideale, grande quanto una villetta con giardino, possa diventare un'ossessione accecante e crudele.
«Eppure, c’era qualcosa che mi faceva spavento, come la natura imprevedibile degli animali. E di nuovo me ne vergognai all’istante. Mi ammonii. […] Andare a letto, chiudere gli occhi e farmi i fatti miei, avrei dovuto fare quello. Senza ombra di dubbio. Ma non potevo.»
Rosamund Fischer ha ottant'anni e vive ad Arlington, in Virginia. Un giorno squilla il telefono e la voce di un uomo pronuncia il suo vero nome, Inge Brigitte. La donna si trova catapultata nel 1940: in Europa infuria la guerra, e Inge Brigitte e i suoi fratelli trascorrono un'infanzia idilliaca. Ma è davvero così perfetta? I bambini non sanno di vivere accanto a un campo di concentramento; non sanno che le domestiche, il giardiniere, le sarte, il barbiere sono tutti prigionieri; non sanno che il padre, Rudolf Höss, è in realtà il comandante di Auschwitz. All'età di diciassette anni, Inge Brigitte decide di scappare dal suo nome e dalle macerie della Germania postbellica; assume una nuova identità, quella di Rosamund Fischer, e si trasferisce a Madrid, dove diventa indossatrice per Cristóbal Balenciaga, il più grande couturier del mondo. Frequentando l'alta società, incontra l'uomo che sposerà e con cui si stabilirà negli Stati Uniti. Dopo tanti anni trascorsi a crearsi una vita diversa, lontana dai riflettori della storia, il passato bussa improvvisamente alla sua porta e lei decide di svelare, per la prima volta, la sua verità. Chi è nel profondo quella donna, è Rosamund o è ancora la piccola Inge Brigitte?
Proposto da Filippo La Porta al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione:
«Il vero nome di Rosamund Fisher (Mondadori) di Simona Dolce è un romanzo teso, intenso e raggelato, basato su accurata documentazione storica, che racconta la biografia della figlia di Rudolf Höss, comandante ad Auschwitz: prima bambina nella villa “spettacolare” accanto agli orrori del campo, poi in fuga verso la Spagna (dove farà la modella) e infine negli Stati Uniti per cominciare un’altra vita. Qui la ritrova un giornalista, lei accetta di incontrarlo e di raccontarsi. È in parte la stessa storia della Zona d’interesse, film premiato a Cannes e ispirato a un libro di Martin Amis, ma pensata e realizzata da Simona Dolce parallelamente e attingendo anche ad altre fonti. Rispetto al film, rigoroso e asceticamente piatto, l’autrice mette al centro lo sguardo della bambina – tremante, stupito, l’unico che si interroghi criticamente – mostrandosi così più empatica e impegnata in una introspezione psicologica. Il mantra paterno rivolto alla figlia – “le cose che accadono di notte non accadono” – è l’invito sinistro a una rimozione che dovrebbe proteggere il falso idillio di quella “vita felice” ai confini del Lager. Ritmo avvincente del racconto e interrogazione sulla ordinarietà del male si tengono in ogni pagina: fallacie della memoria, nuda resistenza dei “fatti” a ogni manipolazione, attrazione del sadismo (il diritto del potere all’impunità), conflitto tra affetti e giudizio morale, identità come recita ingannevolmente liberatoria (“siamo tutti anche qualcos’altro”, le dicono in Spagna dove lei pensa a sé in terza persona, come se fosse un’altra). Unica utopia è il bucaneve che in inverno annuncia la primavera, con i suoi petali bianchi “imbevuti di una goccia di sole”: una utopia che neanche Primo Levi voleva escludere nei regimi fondati sul terrore. Non si tratta solo di un romanzo, immaginativo e documentatissimo, sulla Shoah. La sua narrazione preme, ansiosamente, sulle nostre coscienze. Anche noi, benché puntualmente informati su ogni evento del presente, viviamo dentro i nostri confortevoli stili di vita davanti a un muro invisibile che ci protegge dalle grida lontane intorno a noi e dalla cenere della Storia.»