Libro
Mar, 20 Luglio Lug 2021 1800

Diego Lama incontra il pubblico e firma e disegna le copie del libro: “Tutti si muore soli”

Lama VENERUSO 08 (2)

Tutto avviene in un solo giorno – sabato 28 luglio 1883, il giorno del terremoto di Ischia (Casamicciola, 2.300 vittime) – dal crepuscolo alla notte fonda. Un lungo piano sequenza privo d’interruzioni: dalla prima pagina all’ultima il lettore è appollaiato sulla spalla di Veneruso e lo segue (davvero ovunque). In 20 ore, in 20 capitoli, il commissario risolverà il mistero del delitto alla Biblioteca Nazionale (ma anche altri due omicidi) entrando in contatto col mondo della cultura napoletana della Belle Époque di fine secolo (Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Francesco Mastriani, Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao), con il mondo della prostituzione e con quella della nobiltà. Scoprirà tante cose: anche che l’Unità d’Italia non ha sconfitto solo una nazione, ma ha ferito a morte una grande cultura e una straordinaria lingua.

Il tema in filigrana di questa storia sono le parole, la morte delle parole, la morte di un idioma – il napoletano (una lingua, non un dialetto, provvista di lunga storia, di sua grammatica, di poemi, poesia, saggi, ricerche, canzoni e ancora parlata da milioni di individui) – uccisa dai suoi stessi parlanti e relegata alla classe debole in funzione della modernità (cosa che sta accadendo oggi anche all’italiano). Per questo il direttore della Biblioteca subisserà di parole Veneruso durante il corso del romanzo, quasi a voler far capire – perfino a lui che è ignorantissimo e ottusissimo – il valore della lingua. Per questo saranno alcune parole la chiave per trovare la soluzione. Per questo molti personaggi si scontreranno con la lingua italiana. Per questo il luogo emblema del romanzo sarà il Palazzo Reale, un edificio immenso che al suo interno contiene la gigantesca Biblioteca Nazionale (tutti luoghi esistenti), un grande contenitore di parole. Il Palazzo, così come la lingua, sembra essere un labirinto vuoto, in rovina e pieno di invisibili crepe. Le stesse crepe che ormai stanno minando Napoli – ancora grande capitale nel 1883 a 20 anni dell’Unità – e che presto, grazie al colera, sprofonderà nel lento processo di decadimento che ancora oggi continua. Il terremoto finale (realmente avvenuto quel giorno del 1883 a Ischia) diviene la scossa che risolve il caso ma in qualche modo fa capire a Veneruso che la distruzione – delle parole, del regno, della gloria e del suo mondo – è da tempo avviata.